Camminare secondo lo Spirito

Corre Maria di Màgdala, dopo la scoperta della tomba vuota, va ad avvisare Simon Pietro e il discepolo amato da Gesù. Anche i due discepoli iniziano a correre, per raggiungere il prima possibile quel sepolcro scavato nella roccia che, da posto di tristezza e di sconforto, diviene in quel mattino del primo giorno della settimana luogo della fede.

Correre: verbo all’infinito che trova nelle nostre vite varie modalità di coniugazione, mentre in quella di Gesù è assente. Il Figlio di Dio cammina, attraversa luoghi, percorre strade, ma non corre.

Il correre è proprio dell’uomo; attraverso quel verbo viene svelata l’identità della persona, si evidenzia la sua creaturalità, emergono i limiti che rischiano di condizionarne il percorso esistenziale, trasformandolo in un’ansiosa gara. Le proprie aspettative, quelle degli altri, le scadenze vicine, vincolano tanto da far sentire l’umanità in una corsa permanente, contro il tempo. Si devono cioè affrontare diverse insidie che accelerano il ritmo dell’andatura, rendono il lavoro, la vita familiare, le relazioni amicali, ambiti in cui si sperimenta la pesantezza e la stanchezza, anziché la gioia, la bellezza dello stare insieme, la pace della comunione.

Sempre più frequentemente i tempi incalzanti diventano motivo di stress non solo fisico e psichico, ma anche spirituale, perché portano l’uomo a vivere l’amicizia con il Signore senza distensione. Per questo si evade dalla realtà, si fugge da se stessi per non vedere le proprie zone d’ombra o per non provare imbarazzo nei momenti di silenzio; si inizia a correre, ad ansimare, percependo la fatica in maniera crescente.

Gesù invece cammina, non corre, egli cioè ci indica la modalità per procedere “lungo la via”, per essere cristiani secondo lo Spirito. Celebrare la Pasqua significa entrare nella tomba a cui ebbero accesso uno dopo l’altro quei due discepoli, affannati, agitati e con tanti dubbi rimasti irrisolti.

Come loro, anche noi, scegliamo di corrispondere all’invito di recarci presso Colui che «era morto; ma ora, vivo, trionfa». Per questo impariamo a decelerare l’andatura a cui, in certi casi, ci si abitua e senza timore di essere “superati” entriamo nel sepolcro aperto, per contemplare il mistero pasquale di morte e risurrezione. Da lì vogliamo apprendere un ritmo dell’esistenza meno burrascoso, respirando a pieni polmoni, riempiti dello Spirito del Risorto che dona pace e conforto, che allieta i cuori afflitti, che libera dall’ansia e alleggerisce.

Papa Francesco, nella Christus vivit, rivolgendosi in particolare ai giovani scrive: «L’inquietudine insoddisfatta, insieme allo stupore per le novità che si presentano all’orizzonte, apre la strada all’audacia che li spinge a prendere la propria vita tra le mani e a diventare responsabili di una missione». È una risposta umanamente possibile che tutti possono esprimere camminando secondo lo Spirito, con lo stile vivo del Risorto, di chi scopre la forza e il coraggio di uscire da se stesso, di chi, fidandosi, si apre alla promessa, alla salvezza, alla vita vera. 

Auguri! 
dFV